Discussione:
Il "villico stil novo" di Battisti
(troppo vecchio per rispondere)
giules
2004-10-29 18:21:12 UTC
Permalink
Il "villico stil novo" di Lucio Battisti







Dovendo trattare della lingua di Lucio Battisti, il "villico stil novo" che
oggi forse pare desueto ma si è parlato come nessun altro dialetto nell'
Italia degli anni '70, una cosa è bene subito chiarire. L'autore dei testi
in questione, sebbene noi lo si chiami con quel nome e cognome, non è il
Lucio Battisti anagraficamente nato a Poggio Bustone il 5 marzo 1943 (per un
giorno solo scampato alla lacrimosa storia di Lucio Dalla !) né il Mogol che
le biografie indicano ufficialmente come "paroliere" bensì un terzo, che
nasce dalla somma (o dal conflitto) fra i due e insomma, per comodità
scriveremo Luciobattisti, tutto attaccato. E' un personaggio di comodo, una
dramatis persona che parla ininterrottamente da Per una lira (1967) a Con il
nastro rosa (1980); è assai dubbio che sia lo stesso che racconta E già
(1982), e certo non basta Lucio Battisti perché si dia anche Luciobattisti.
Ma a insistere andremo per le lunghe.

Perché "villico stil novo" a proposito del Nostro? Perché quel tale, il
narratore appunto, canta la sua storia da una postazione non metropolitana e
con una lingua che, se non proprio genuinamente contadina, può ben dirsi
"del contado". Un contado moderno, certo, perché lo abitano cinema e
supermarket e lo governa, non senza qualche scrupolo, l'elettronica, dov'è
ancora possibile vedere il sole che si accuccia "dietro la collina dei
ciliegi", seguire "con gli occhi un airone sopra il fiume", aspirare
gioiosamente "odore di funghi" e, una volta "entrato nel bosco/dormire nel
muschio".

Se c'è un testo in cui Luciobattisti si spiega bene, fugando ogni dubbio e
dandoci senz'altro ragione, è Le allettanti promesse. Lì il villico è ancora
extra moenia , non si è ancora inurbato e, quel che più importa, fa
resistenza; incatenato come Ulisse alla stanga del suo carretto, fa orecchie
da mercante alle lusinghe delle sirene che sussurrano le possibili voluttà
del borgo, che è proprio tale, leopardianamente, e non ancora città e men
che meno metropoli. "No, non mi va, io preferisco restare qui/Ho la vacca ed
il maiale, non li posso abbandonar così" ribatte quella sorta di Bertoldo
che, nella filigrana del testo, è una sorta di "uomo incontaminato" epperciò
saggio, sfuggito a quella "civilizzazione" che molte canzoni prima già
deprecava Rousseau; e il suo linguaggio è grezzo e naif, ricorrendo parole
come "ruffiano", "fesso", "bigottume", "le corna del droghiere" e, pregevole
detrito dell'Italia ante-miracolo economico, "curato" (si noti lo stesso
termine, in un contesto simile, tra le righe di Luci-ah. Anche lì la
ragazza, sorta di generosa e inquieta Volpina felliniana, abita
probabilmente un piccolo paese). Non più moderna è la lingua delle sirene,
che paiono anzi ispirate da qualche editoriale da foglio cattolico di
provincia, circa 1950; le "allettanti promesse" sono dunque "un dancing per
ballare", "un biliardo per giocare", "un'osteria dove puoi bere" e "il
televisore da guardare" - un lusso esagerato, si potrà notare. "potrai anche
peccare, se vuoi" sospira il coro, e qui a occhio e croce si parla di sesso,
perché nello Strapaese battistiano la droga è ignota o, al più, si compera
in drogheria.

Per quanto ci facciano comodo, Le allettanti promesse sono comunque un caso
limite della letteratura battistiana e ostentano una crudezza che altri
testi non hanno. Quella volgarità si volge più frquentamente in semplicità,
in definizione ingenua e stereotipa della vita e dei suoi nemeri; e le
parole ustae sono semplici come semplici i temi, l'amore soprattutto con i
suoi miti (l'Innocenza, la Perdizione), i rimpianti e gli slanci che la
facile simbologia trasforma in "mare nero" (l'infelicità, il vacuum
esistenziale) o in "fiumi azzurri e colline e praterie" (la gioia o anche
solo la più dolce malinconia). Non è però con l'abbiccì della letteratura
canzonettistica ("Felicità/ti ho perso ieri e oggi ti ritrovo già/Tristezza
va/Una canzone il tuo posto prenderà - La compagnia) che Luciobattisti si è
meritato un posto nell?olimpo dei poeti in musica. Se ciò gli è riuscito si
deve piuttosto a una singolare capacità di ravvivare i testi con l'
irruzzione, spesso sorprendente, di un "secondo livello", più aulico e
retorico, di parole frasi modi sintattici capaci di staccare curiosamente il
lessico di base.

Prendiamo i versi classici de I giardini di marzo, storia di
incomunicabilità e disagio esistenziale che bordeggia disinvoltamente certa
psicanalisi da Grand Hotel e, pur tra scossoni e piccoli strappi, si snoda
abbastanza chiaramente sino in fondo. Ma agli ultimi versi, ecco il colpo a
sorpresa: "Camminavi al mio fianco e ad un tratto dicesti: "tu muori/se mia
aiuti son certa che io ne verrò fuori/ma non una parola chiarì i miei
pensieri/ continuai a camminare lasciandoti attrice di ieri". Qui gli
ermeneuti del Battisti, anche i più fini, cedono le armi e confessano di non
capirci più nulla; qui anche i filologi joyciani o del più criptico Beckett
avrebbero seri problemi. E se invece fosse molto semplice, così, per amore
di rima, per istinto, per un gusto di incatenare le parole e di porle in
giocosa assonanza che potremmo ben chiamare "strema of Bat-con-scoisness"?
Si provi ad applicare questo semplice metro ad alcuni celebri "luoghi
oscuri" del corpus battistiano: "La veste dei fantasmi del passato/cadendo
lascia il quadro immacolato", "Tu lo chiami solo un vecchio sporco
imbroglio/ ma è uno sbaglio, è petrolio", "Eppure non sei meno bella in
casa/ senza cerone/ non voglio dire che sei una rosa/ sarei un trombone": o
ancora, mirabile esempio di contorsione ritmo-ermetica, "Il fondo marino/
giocar da terzino/ la spiaggia al mattino/ Presto, la/ Fedeltà.

Il fatto è che Luciobattisti, a differenza di tanti cantautori paroliberi
dell'ultima generazione, è un virtuoso, un maniaco, un ultrà della rima,
specie se baciata. Per questo fa follie, volteggia rischiando allo spartito,
sfiora e buca il nonsense, osa il ridicolo e la maleducazione grammaticale.
"Oh no, non ti voglio vedere/ Intanto che cucini gli spaghetti/ col
pomodoro/ peso verità tre etti" deliquia il solito Canto brasileiro,
sfiorando il treno di Conte/Cementano che (Azzurro) "all'incontrario va"; e
"Dovendo scegliere e studiare le mie mosse/ sono all'impasse", lamenta Con
il nastro rosa, forzando a leggere "impasse" come si scrive, sennò che gusto
ci sarebbe? Con gli esempi potremmo continuare all'infinito: "L'offerta del
tuo seno/ orgoglio dell'animale sano", sproloquia Un uomo che ti ama, e non
è chiaro se di soft core si tratta o di una puntata speciale di Quark;
mentre altrove il narratore è costretto a un tono sussiegoso e anche rigido
ur di far quadrare i conti, sfoderando magari un passato remoto da quinta
elementare ("Chi rubò la mia insalata?/chi l'ha mangiata?") o, più
sofisticatamente, da terza liceo, con poetica inversione di verbo e pronome
("Qualcuno grida il nome mio/ smarrirmi in questo bosco volli io").

Il lettore è grato a chi scrive di questo rapido tornare a terra, di questa
puntigliosa segnaletica elementare che, in tema di canzonette, è sempre
rassicurante. E generosamente è disposto a perdonare tutto, iperboli,
forzature, banalità, brutture, "pallone" che fa rima con "pelle marrone"
(Anima latina), "lo stagno" dove "costruiremo il nostro bagno" e anche "il
canto del fagiano che sale ad Est". Si, può darsi che in realtà il fagiano
non canti, ma cosa sono mai queste quisquiglie? Non è forse vero che anche
Carducci nel Giuramento di Pontida scriveva "Il sol ridea calando dietro al
Resegone" quando è noto che in quell'ilare borgo leghista il sole va giù
dall'altra parte?

E' l'arte, caro lettore, è la poesia che tutto cambia. "Capire tu non
puoi/tu chiamale se vuoi/Emozioni".



Riccardo Bertoncelli



Tratto da : "Fare musica", aprile 1984







Saluti Giules
yaya
2004-10-29 18:52:37 UTC
Permalink
Post by giules
Perché "villico stil novo" a proposito del Nostro? Perché quel tale, il
narratore appunto, canta la sua storia da una postazione non metropolitana e
con una lingua che, se non proprio genuinamente contadina, può ben dirsi
"del contado". Un contado moderno, certo, perché lo abitano cinema e
supermarket e lo governa, non senza qualche scrupolo, l'elettronica, dov'è
ancora possibile vedere il sole che si accuccia "dietro la collina dei
ciliegi", seguire "con gli occhi un airone sopra il fiume", aspirare
gioiosamente "odore di funghi" e, una volta "entrato nel bosco/dormire nel
muschio".
Se c'è un testo in cui Luciobattisti si spiega bene, fugando ogni dubbio e
dandoci senz'altro ragione, è Le allettanti promesse.
Smentito da
29 settembre ( quel caffè presuppone un contesto cittadino, non paesano)
Non è Francesca Idem ( in un paese si conoscono tutti , non ci sarebbe
stato nessun dubbio e ci sarebbe stato più di un testimone)
Dio mio no Inverosimile l'ambientazione in un paese
Innocenti evasioni idem
Supermarket
Davanti a un distributore automatico di fiori
7 e 40
Acqua azzurra acqua chiara : qualche bar .Il contesto è cittadino
E penso a te
Comunque bella
Questo inferno rosa ( il moralista dell'ultimo piano)

Ciao
Maurizio
2004-10-29 19:25:04 UTC
Permalink
Post by yaya
Post by giules
Perché "villico stil novo" a proposito del Nostro? Perché quel tale, il
narratore appunto, canta la sua storia da una postazione non
metropolitana
e
Post by giules
con una lingua che, se non proprio genuinamente contadina, può ben dirsi
"del contado". Un contado moderno, certo, perché lo abitano cinema e
supermarket e lo governa, non senza qualche scrupolo, l'elettronica, dov'è
ancora possibile vedere il sole che si accuccia "dietro la collina dei
ciliegi", seguire "con gli occhi un airone sopra il fiume", aspirare
gioiosamente "odore di funghi" e, una volta "entrato nel bosco/dormire nel
muschio".
Se c'è un testo in cui Luciobattisti si spiega bene, fugando ogni dubbio e
dandoci senz'altro ragione, è Le allettanti promesse.
Smentito da
29 settembre ( quel caffè presuppone un contesto cittadino, non paesano)
Non è Francesca Idem ( in un paese si conoscono tutti , non ci sarebbe
stato nessun dubbio e ci sarebbe stato più di un testimone)
Dio mio no Inverosimile l'ambientazione in un paese
Innocenti evasioni idem
Supermarket
Davanti a un distributore automatico di fiori
7 e 40
Acqua azzurra acqua chiara : qualche bar .Il contesto è cittadino
E penso a te
Comunque bella
Questo inferno rosa ( il moralista dell'ultimo piano)
Ciao
Guarda yaya che ultimamente nei paeselli come il mio
hanno portato anche la corrente elettrica e non siamo
proprio così arretrati (:-))
E poi abbiamo una densità di pornoshop degna di
città come Amsterdam.
Uno per 1200 abitanti(:-))
Maurizio
yaya
2004-10-29 19:32:35 UTC
Permalink
Post by Maurizio
Post by yaya
Smentito da
29 settembre ( quel caffè presuppone un contesto cittadino, non paesano)
Non è Francesca Idem ( in un paese si conoscono tutti , non ci sarebbe
stato nessun dubbio e ci sarebbe stato più di un testimone)
Dio mio no Inverosimile l'ambientazione in un paese
Innocenti evasioni idem
Supermarket
Davanti a un distributore automatico di fiori
7 e 40
Acqua azzurra acqua chiara : qualche bar .Il contesto è cittadino
E penso a te
Comunque bella
Questo inferno rosa ( il moralista dell'ultimo piano)
Ciao
Guarda yaya che ultimamente nei paeselli come il mio
hanno portato anche la corrente elettrica e non siamo
proprio così arretrati (:-))
E poi abbiamo una densità di pornoshop degna di
città come Amsterdam.
Uno per 1200 abitanti(:-))
Ultimamente forse, tra il 1966 e il 1971 no.:-)

Ciao
Maurizio
2004-10-29 20:04:35 UTC
Permalink
Post by yaya
Post by Maurizio
Guarda yaya che ultimamente nei paeselli come il mio
hanno portato anche la corrente elettrica e non siamo
proprio così arretrati (:-))
E poi abbiamo una densità di pornoshop degna di
città come Amsterdam.
Uno per 1200 abitanti(:-))
Ultimamente forse, tra il 1966 e il 1971 no.:-)
Ciao
Vero. Anche se la mia situazione è un pò particolare in
quanto abito nella cosidetta " Gioiosa Marca Trevigiana"
che venne ben descritta da Germi nel 1965 con il film
< Signori e signore>.
Eravamo già un pò biricchini all'epoca e le situazioni
descritte da Mogol si potevano benissimo ambientare
anche in un piccolo paese di provincia.
Comunque a parte le amenità volevo concludere dicendo
che trovo le canzoni di Battisti ( a parte rare eccezioni)
completamente svincolate da spazio e tempo.
Così su due piedi le uniche che mi sovvengono sono
" Per una lira " e " Ma è un canto brasileiro " tutte e due
legate alla moneta. Speriamo che diventi obsoleto anche
il confine tra Israele e Giordania.

Ciao Maurizio
yaya
2004-10-29 20:57:19 UTC
Permalink
Post by Maurizio
Post by yaya
Post by Maurizio
Guarda yaya che ultimamente nei paeselli come il mio
hanno portato anche la corrente elettrica e non siamo
proprio così arretrati (:-))
E poi abbiamo una densità di pornoshop degna di
città come Amsterdam.
Uno per 1200 abitanti(:-))
Ultimamente forse, tra il 1966 e il 1971 no.:-)
Ciao
Vero. Anche se la mia situazione è un pò particolare in
quanto abito nella cosidetta " Gioiosa Marca Trevigiana"
che venne ben descritta da Germi nel 1965 con il film
< Signori e signore>.
Eravamo già un pò biricchini all'epoca e le situazioni
descritte da Mogol si potevano benissimo ambientare
anche in un piccolo paese di provincia.
Sì, però avrebbe dovuto metterci la parola vino e qualche bestemmia ( forse
dio mio no !), per ambientarli in Veneto, quei testi.
:-)

Ciao
Raffaella
2004-10-29 21:07:30 UTC
Permalink
Post by yaya
Post by yaya
Sì, però avrebbe dovuto metterci la parola vino e qualche bestemmia ( forse
dio mio no !), per ambientarli in Veneto, quei testi.
:-)
Ciao
E già!
e qualche accoltellata (in aria) o luparata (a salve) se ambientato in altre
regioni, un po' più in basso un po' più in là.
:-)))

Raffaella
così per parlare di stereotipi:-)
Simone Dalle Crode
2004-10-30 14:25:03 UTC
Permalink
Sì, però avrebbe dovuto metterci la parola vino e qualche
bestemmia ( forse dio mio no !), per ambientarli in Veneto,
quei testi. :-)
Per quello bastano Guccini e l'Emilia :)
giules
2004-10-30 18:07:46 UTC
Permalink
Post by Simone Dalle Crode
Sì, però avrebbe dovuto metterci la parola vino e qualche
bestemmia ( forse dio mio no !), per ambientarli in Veneto,
quei testi. :-)
Per quello bastano Guccini e l'Emilia :)
Per me può starci un momento di poca ispirazione del giornalista, che pur di
riempire il giornale, porta all'asasperazione qualche cagata di Mogol...
(visto che l'articolo è dell' 84 e le canzoni sono di 10 anni prima )

Giules
(cmq si potrebbe considerare anche l'ironia fatta per dissacrare un mito
della canzone italiana)

Raffaella
2004-10-29 21:03:53 UTC
Permalink
Post by giules
Il "villico stil novo" di Lucio Battisti
cut
Ti ringrazio di averlo postato, è interessante, un po' come le disquisizioni
del primo saggio di Manfredi e il più recente di Berselli.

Raffaella
giuseppe medici
2004-10-29 21:54:43 UTC
Permalink
Post by giules
Il "villico stil novo" di Lucio Battisti
Dovendo trattare della lingua di Lucio Battisti, il "villico stil novo" che
oggi forse pare desueto ma si è parlato come nessun altro dialetto nell'
Italia degli anni '70, una cosa è bene subito chiarire. L'autore dei testi
in questione, sebbene noi lo si chiami con quel nome e cognome, non è il
Lucio Battisti anagraficamente nato a Poggio Bustone il 5 marzo 1943
né il Mogol che
le biografie indicano ufficialmente come "paroliere" bensì un terzo, che
nasce dalla somma (o dal conflitto) fra i due e insomma, per comodità
scriveremo Luciobattisti, tutto attaccato. >
Riccardo Bertoncelli
Saluti Giules
non entro in merito sulla discussione
della ambientazione cittadina,campagnola ecc..
però mi sento di dire che il Bertoncelli non ha scritto certamente
eresie quando afferma che spesso alcune frasi sono venute
fuori solo per questione di rima, più che baciata oserei dire
forzata

Ciao
Giuseppe







--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Loading...