Discussione:
Caro Lucio, firmato Mina
(troppo vecchio per rispondere)
tattoo
2018-11-14 14:21:02 UTC
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( Lettera di Mina scritta 20 anni fa a Battisti poco prima della sua
scomparsa e mai recapitata )

Caro Lucio,
questa è una lettera che volevo scriverti da tanto, tanto tempo. Ogni
volta che sentivo un tuo pezzo, ogni volta che qualcuno, per strada,
fischiettava qualcosa di tuo mi veniva voglia di mettermi in contatto
con te, ma ho preferito rispettare (figurati se proprio io non lo dovevo
fare…) il tuo desiderio di essere lasciato in pace. E forse ho fatto
male, sai? Perché adesso non so come fare per restituirti, almeno in
parte, la gioia, la tenerezza, il senso di invincibilità, la coscienza
di fare qualcosa di perfetto che mi dava il cantare i tuoi pezzi. Erano
come il più inattaccabile meccanismo, come l’arma più efficace, come una
corazza lucentissima, come una seconda pelle ancora più aderente della
prima. Erano costruiti con quella apparente semplicità, con quel
naturale delizioso totale mood cosmico, che fa pensare alla fluidità di
Puccini, al prezioso andamento di certi canti gospel. E insieme così
piantati nella tradizione della canzonetta italiana da far cantare i
garzoni mentre vanno in bicicletta a consegnare il pane, i bambini e
tutte le madri d’Italia mentre preparano il pranzo per i propri cari.
Che talento straordinario, che dono raro quello di essere capiti da
tutti e da tutti essere amati proprio per quello che realmente si è. Sei
stato il più grande nel realizzare il miracolo che ci fa sentire tutti
figli della stessa materia, che ci fa cantare tutti insieme con le
lacrime agli occhi.
In questi giorni ho dovuto assistere a qualche intervento sgradevole e a
tanti, tantissimi omaggi commossi e sinceri. Voglio ricordarmi soltanto
questi. Voglio ricordarmi gli occhi lucidi di ragazzi giovanissimi e di
uomini e donne anche più che adulti. Voglio ricordarmi i tuoi, che Dio
li benedica, ti hanno difeso con la forza dell’amore da tutto il
caravanserraglio massmediatico. Voglio ricordarmi quei piccoli mazzolini
di fiori, quei bigliettini che ti hanno portati anche loro, credo, per
cercare di restituirti un pochino di quello che tu hai dato a tutti noi.
Sai, avevo un sogno. Una pazzia. Insieme con Moreno, un giovane corista
molto bravo che tu non hai conosciuto, ma che ti ama almeno quanto me,
avevamo deciso che se tu mai avessi fatto di nuovo un concerto, saremmo
venuti a farti il coro. Per il grande piacere di stare dietro di te e
cantare insieme a te quelli che sono i nostri perfettissimi, storici,
splendidi, adorati pezzi di vita. E, nella nostra follia, avevamo già
pensato alla scaletta, a quali pezzi fare, alla formazione
dell’orchestra, persino ai vestiti. Ogni volta che ci incontravamo in
sala di incisione aggiungevamo qualche dettaglio al nostro progetto.
Tutto era variabile tranne la presenza di due soli coristi: noi due, per
l’appunto. Non importa. Vuol dire che la cosa è soltanto rimandata.

Tua Mina.
w***@gmail.com
2019-05-19 22:59:08 UTC
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Post by tattoo
( Lettera di Mina scritta 20 anni fa a Battisti poco prima della sua
scomparsa e mai recapitata )
Caro Lucio,
questa è una lettera che volevo scriverti da tanto, tanto tempo. Ogni
volta che sentivo un tuo pezzo, ogni volta che qualcuno, per strada,
fischiettava qualcosa di tuo mi veniva voglia di mettermi in contatto
con te, ma ho preferito rispettare (figurati se proprio io non lo dovevo
fare…) il tuo desiderio di essere lasciato in pace. E forse ho fatto
male, sai? Perché adesso non so come fare per restituirti, almeno in
parte, la gioia, la tenerezza, il senso di invincibilità, la coscienza
di fare qualcosa di perfetto che mi dava il cantare i tuoi pezzi. Erano
come il più inattaccabile meccanismo, come l’arma più efficace, come una
corazza lucentissima, come una seconda pelle ancora più aderente della
prima. Erano costruiti con quella apparente semplicità, con quel
naturale delizioso totale mood cosmico, che fa pensare alla fluidità di
Puccini, al prezioso andamento di certi canti gospel. E insieme così
piantati nella tradizione della canzonetta italiana da far cantare i
garzoni mentre vanno in bicicletta a consegnare il pane, i bambini e
tutte le madri d’Italia mentre preparano il pranzo per i propri cari.
Che talento straordinario, che dono raro quello di essere capiti da
tutti e da tutti essere amati proprio per quello che realmente si è. Sei
stato il più grande nel realizzare il miracolo che ci fa sentire tutti
figli della stessa materia, che ci fa cantare tutti insieme con le
lacrime agli occhi.
In questi giorni ho dovuto assistere a qualche intervento sgradevole e a
tanti, tantissimi omaggi commossi e sinceri. Voglio ricordarmi soltanto
questi. Voglio ricordarmi gli occhi lucidi di ragazzi giovanissimi e di
uomini e donne anche più che adulti. Voglio ricordarmi i tuoi, che Dio
li benedica, ti hanno difeso con la forza dell’amore da tutto il
caravanserraglio massmediatico. Voglio ricordarmi quei piccoli mazzolini
di fiori, quei bigliettini che ti hanno portati anche loro, credo, per
cercare di restituirti un pochino di quello che tu hai dato a tutti noi.
Sai, avevo un sogno. Una pazzia. Insieme con Moreno, un giovane corista
molto bravo che tu non hai conosciuto, ma che ti ama almeno quanto me,
avevamo deciso che se tu mai avessi fatto di nuovo un concerto, saremmo
venuti a farti il coro. Per il grande piacere di stare dietro di te e
cantare insieme a te quelli che sono i nostri perfettissimi, storici,
splendidi, adorati pezzi di vita. E, nella nostra follia, avevamo già
pensato alla scaletta, a quali pezzi fare, alla formazione
dell’orchestra, persino ai vestiti. Ogni volta che ci incontravamo in
sala di incisione aggiungevamo qualche dettaglio al nostro progetto.
Tutto era variabile tranne la presenza di due soli coristi: noi due, per
l’appunto. Non importa. Vuol dire che la cosa è soltanto rimandata.
Tua Mina.
Non credo scritta prima, visto che parla di lui come fosse morto da poco, ma sono le parole più belle con le quali sia stato ricordato, grazie di cuore per averlo postato.
Pensavo alla dolcezza di Mina e alla freddezza disumana dimostarata dalla moglie di fronte all'amore di tutto l'immenso pubblico di Lucio. La più grande stecca che abbia mai preso il Nostro è proprio aver sposato quella lì.
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